BofA Global Fund Manager Survey – Settembre 2025: entusiasmo in crescita, ma i rischi non spariscono
- Salvatore Bilotta
- 18 set
- Tempo di lettura: 12 min
📌 Fonte report: BofA Securities – Michael Hartnett e team strategia investimenti
Premessa: mercati tra ottimismo e cautela
Settembre 2025 si apre con un clima molto diverso rispetto a quello vissuto nei mesi precedenti. Dopo un periodo segnato da incertezze profonde – tra cui l’impatto dei nuovi dazi commerciali, la difficoltà di riportare l’inflazione sotto controllo e i persistenti timori di una possibile recessione globale – il mercato azionario internazionale mostra segnali di ritrovato ottimismo.
Un indicatore chiave in questo senso è il Global Fund Manager Survey di BofA, uno dei sondaggi più seguiti dalla comunità finanziaria. Questo report raccoglie ogni mese le opinioni di 196 gestori di fondi che, nel complesso, amministrano circa 500 miliardi di dollari di asset. Ciò significa che rappresenta una fotografia autorevole e molto realistica di come si muove la “mano istituzionale” nei mercati.
L’indagine di settembre rivela un dato significativo: il livello di fiducia degli investitori ha raggiunto il punto più alto da febbraio 2025. In altre parole, dopo mesi di prudenza, i grandi gestori tornano a credere nelle potenzialità dell’azionario, con una visione più positiva sull’economia globale.
Questo, però, non significa che i rischi siano scomparsi. L’entusiasmo degli operatori convive infatti con preoccupazioni ancora molto presenti. La principale è il timore di una seconda ondata inflazionistica, ovvero il rischio che, dopo i segnali di rallentamento visti nei mesi scorsi, i prezzi possano tornare a salire e costringere la Federal Reserve e le altre banche centrali a nuove strette monetarie. Un’eventualità che rappresenterebbe un ostacolo importante al proseguimento del rally di mercato.
📊 Grafico chiave: Chart 2 – Investor sentiment at 7-month high (pag. 2)

Liquidità e allocazioni: meno cash, più equity
Uno degli aspetti più rilevanti emersi dal sondaggio riguarda la gestione della liquidità nei portafogli. I fund manager intervistati hanno dichiarato di mantenere una quota di cash pari al 3,9%, un livello considerato piuttosto basso rispetto agli standard storici. Per chi non è esperto, significa che i gestori hanno meno riserve parcheggiate “in cassa” e hanno quindi scelto di impiegare più capitale sui mercati. Storicamente, valori così contenuti di liquidità indicano un posizionamento più aggressivo e un mercato più esposto al rischio.
Parallelamente, cresce in modo evidente la propensione verso l’azionario. L’allocazione ai titoli è salita al livello più alto degli ultimi sette mesi, un chiaro segnale che i gestori stanno puntando con decisione sul comparto equity. Questo spostamento non è casuale: riflette sia l’ottimismo sulla tenuta della crescita globale, sia la convinzione che i rendimenti obbligazionari possano non offrire le stesse opportunità di performance nel breve periodo.
In pratica, gli investitori istituzionali stanno mandando un messaggio preciso: credono che il mercato azionario possa ancora correre e stanno aumentando la loro esposizione per non rimanere indietro rispetto al trend. Naturalmente, questo atteggiamento più “risk-on” comporta anche vulnerabilità: con meno liquidità disponibile, i margini di difesa in caso di shock improvvisi diventano più ridotti.
📊 Grafico chiave: Chart 3 – FMS cash level steady at 3.9% (pag. 2)

Soft landing in vista?
Uno dei risultati più significativi del sondaggio riguarda le aspettative sull’andamento dell’economia globale. Ben il 67% dei gestori intervistati prevede uno scenario di “soft landing”, termine che in finanza indica un atterraggio morbido: in pratica, una fase in cui la crescita economica rallenta ma senza degenerare in una vera e propria recessione. È lo scenario ideale per i mercati, perché combina stabilità con la possibilità di beneficiare di politiche monetarie più accomodanti.
Al contrario, solo il 10% degli investitori si dice convinto che ci sarà un “hard landing”, cioè una recessione più profonda con effetti negativi su utili aziendali e occupazione. Questo dato rappresenta un cambio radicale di sentiment rispetto a pochi mesi fa, quando i timori di recessione erano molto più diffusi.
A sostenere questa visione ottimistica c’è anche un altro elemento chiave: le aspettative di crescita hanno fatto un balzo impressionante, salendo di 25 punti percentuali rispetto ad agosto. È un miglioramento che non si vedeva da ottobre 2024 e che indica come gli investitori istituzionali stiano rivedendo in positivo le prospettive macro.
In altre parole, il sondaggio mostra un mercato che non solo ha archiviato i timori di recessione imminente, ma che guarda con più fiducia al futuro, immaginando un contesto di crescita moderata, utile per sostenere gli utili aziendali e mantenere viva la propensione al rischio.
📊 Grafico chiave:
Chart 5 – Soft, hard, no landing expectations (pag. 3)

Chart 6 – Growth expectations jump (pag. 3)

Cosa vogliono gli investitori dalle aziende
Un altro dato molto interessante che emerge dal sondaggio riguarda le richieste degli investitori istituzionali ai CEO delle grandi aziende. Quando viene chiesto loro quale dovrebbe essere la priorità nella gestione, il 39% dei fund manager indica chiaramente la necessità di aumentare gli investimenti in capex, cioè nelle spese destinate a crescita e innovazione: nuove tecnologie, ampliamento della capacità produttiva, digitalizzazione, sviluppo di prodotti e servizi.
Solo il 27% degli intervistati preferirebbe invece vedere aziende concentrate su bilanci più solidi, quindi meno rischio e più attenzione a ridurre debiti o rafforzare la liquidità. Questo dato segna un cambio di prospettiva interessante: in un contesto di mercati più fiduciosi, gli investitori premiano quelle società che guardano al futuro, non quelle che si limitano a conservare risorse in modo prudente.
In altre parole, il mercato oggi manda un messaggio molto chiaro al management: è il momento di investire per crescere, non di accumulare liquidità “per sicurezza”. Questo riflette un atteggiamento più risk-on, tipico delle fasi in cui la fiducia è alta e gli investitori scommettono sul fatto che i capitali investiti in innovazione potranno generare ritorni superiori.
È un segnale che va letto con attenzione: se le aziende seguiranno questa indicazione, potremmo assistere a un’accelerazione dei progetti strategici e a un aumento della competitività di lungo periodo. D’altro canto, questo approccio rende il mercato anche più vulnerabile a eventuali shock improvvisi, perché lascia meno spazio a cuscinetti di liquidità.
📊 Grafico chiave: Chart 7 – Capex vs balance sheet priorities (pag. 3)

I rischi non spariscono
Se qualche mese fa il tema dominante era la guerra commerciale, oggi questo timore sembra essersi ridimensionato in maniera significativa. Ad aprile, ben l’80% dei gestori considerava i dazi e le tensioni commerciali tra Stati Uniti e partner globali come la minaccia principale per i mercati. A settembre, questa percentuale è crollata al 12%, segno che gli investitori percepiscono il rischio di escalation come molto meno probabile rispetto al passato.
Ma questo non significa che lo scenario sia privo di rischi. Anzi, il vero incubo per i fund manager resta l’inflazione. Ben il 26% degli intervistati individua infatti la possibilità di una seconda ondata inflattiva come il principale “tail risk”, ovvero l’evento a bassa probabilità ma ad alto impatto che potrebbe colpire i mercati nei prossimi mesi. L’idea che i prezzi, dopo un periodo di raffreddamento, possano tornare a salire bruscamente terrorizza gli investitori, perché costringerebbe la Federal Reserve e le altre banche centrali a rivedere i loro piani di allentamento monetario, riportando tassi più alti e maggiore volatilità.
Non è però l’unico timore emerso. Una parte crescente del mercato guarda con preoccupazione al rischio di una perdita d’indipendenza della Fed, sotto la pressione della politica americana. Con le elezioni all’orizzonte e un contesto fiscale sempre più espansivo, la possibilità che la banca centrale diventi meno autonoma nelle proprie decisioni è vista come un potenziale fattore destabilizzante.
Infine, viene citato anche il rischio di una svalutazione del dollaro. Se il biglietto verde dovesse perdere troppo terreno, potrebbe scatenare dinamiche complesse: da un lato, un dollaro debole favorirebbe le esportazioni USA, ma dall’altro rischierebbe di ridurre l’attrattiva degli asset americani per gli investitori stranieri, alimentando nuova volatilità sui mercati valutari e finanziari globali.
In sintesi, il quadro che emerge è quello di mercati più ottimisti, ma ancora consapevoli delle fragilità sottostanti: l’inflazione che non molla, l’indipendenza della Fed sotto pressione e la stabilità del dollaro sono i tre fattori che continueranno a tenere alta la tensione nei prossimi mesi.
📊 Grafico chiave: Chart 8 – Biggest tail risk (pag. 4)

Asset allocation e settori caldi
Gli investitori hanno rafforzato le posizioni su tecnologia, banche e healthcare, mentre hanno ridotto l’esposizione a energia, utilities e UK equities (il calo più forte dal 2004).Il trade più affollato? Sempre il “Long Magnificent 7”, seguito da oro e short sul dollaro.
📊 Grafici chiave:
Chart 11 – Most crowded trade (pag. 5)

Chart 13 – Rotation out of UK stocks (pag. 5)

Chart 20 – Sector rotations (pag. 8)

AI: tra produttività e bolla
Un altro spunto molto rilevante del sondaggio riguarda la rotazione settoriale in atto nei portafogli dei fund manager. A settembre, gli investitori hanno deciso di rafforzare le posizioni nei settori ritenuti più promettenti o difensivi: tecnologia, banche e healthcare.
La tecnologia resta la protagonista assoluta: il tema dell’intelligenza artificiale continua ad attrarre capitali e a sostenere la narrativa di crescita futura.
Il settore bancario, spesso sottovalutato, beneficia oggi della prospettiva di margini più solidi in un contesto di tassi ancora relativamente elevati.
L’healthcare, infine, viene percepito come un comparto difensivo capace di garantire stabilità anche in scenari macro più incerti.
Parallelamente, però, si osserva un ridimensionamento in altri settori. Gli investitori hanno ridotto l’esposizione a energia e utilities, tradizionalmente legate a fasi di inflazione e crescita instabile, ma soprattutto hanno alleggerito in maniera netta le posizioni sul mercato azionario britannico. La survey segnala infatti che le UK equities hanno subito il calo di interesse più forte dal 2004, un dato che riflette sia i problemi macroeconomici del Regno Unito sia l’assenza di settori trainanti che possano competere con USA ed Europa continentale.
Sul fronte dei cosiddetti “crowded trades” – le posizioni più affollate del mercato – non ci sono sorprese. Al primo posto resta il “Long Magnificent 7”, cioè la scommessa sui colossi tech americani (Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Meta, Tesla e NVIDIA). Questo continua a essere il trade preferito dagli investitori globali, anche se la sua popolarità lo rende potenzialmente vulnerabile a correzioni improvvise.
Al secondo posto troviamo l’oro, che rimane un asset centrale per chi cerca protezione da inflazione e instabilità geopolitica. Subito dietro si piazza la posizione short sul dollaro, cioè la scommessa contro il biglietto verde, coerente con il sentiment di chi vede la valuta americana destinata a indebolirsi nel breve termine.
In sintesi, gli investitori si muovono in due direzioni: da un lato, continuano a puntare con forza sulla tecnologia e su settori solidi come banche e healthcare; dall’altro, mantengono posizioni difensive e speculative su oro e dollaro, segnalando che la fiducia non è ancora priva di riserve.
📊 Grafici chiave:
Chart 14 – Is AI a bubble? (pag. 6)

Chart 15 – AI productivity timeline (pag. 6)

Chart 16 – AI deflationary impact (pag. 6)

Conclusione
Il quadro che emerge è quello di un mercato in modalità risk-on: più equity, meno cash, fiducia nella crescita e nell’AI. Ma sotto la superficie restano vulnerabilità chiare: inflazione, dollaro debole, rischi geopolitici e valutazioni elevate. In altre parole: toro sì, ma con prudenza.
📊 Elenco Grafici con spiegazione
Chart 1 – Fed rate cuts expectationsMostra le attese degli investitori sui prossimi tagli ai tassi da parte della Fed: il 47% si aspetta almeno 4 tagli nei prossimi 12 mesi.
Chart 2 – Investor sentiment at 7-month highIndica che il sentiment globale è al massimo da febbraio 2025, grazie a più equity, meno cash e maggiori aspettative di crescita.
Chart 3 – FMS cash level steady at 3.9%Mostra che la liquidità nei portafogli è rimasta al 3,9%, livello basso che segnala mercato più esposto al rischio.
Chart 4 – Rising stock allocation catching up retailConfronta l’allocazione azionaria dei fund manager con quella degli investitori retail, evidenziando che gli istituzionali stanno aumentando l’esposizione.
Chart 5 – Soft, hard, no landing expectationsIl 67% degli investitori prevede un “soft landing” economico, solo il 10% un “hard landing”.
Chart 6 – Growth expectations jumpLe aspettative di crescita globale hanno avuto il maggior balzo dal 2024, segnalando un rinnovato ottimismo.
Chart 7 – Capex vs balance sheets prioritiesIl 39% dei fund manager chiede più spese in investimenti (capex), solo il 27% preferisce bilanci più solidi.
Chart 8 – Biggest tail riskLa minaccia principale è una seconda ondata inflattiva (26%), seguita da timori sulla Fed e sul dollaro.
Chart 9 – Divergenza tra tassi e inflazione attesaMostra come le attese di inflazione siano cresciute, mentre quelle sui tassi a breve sono rimaste basse.
Chart 10 – FX hedges vs USDIl 38% degli investitori dichiara di aumentare le coperture contro un dollaro debole, massimo da giugno 2025.
Chart 11 – Most crowded tradeIl trade più affollato resta il “Long Magnificent 7”, seguito da oro e short sul dollaro.
Chart 12 – Equity overvaluedRecord del 58% degli investitori che considerano le azioni globali sopravvalutate.
Chart 13 – Rotation out of UK stocksSettembre ha visto la più grande rotazione fuori dall’azionario UK dal 2004.
Chart 14 – Is AI a bubble?Il 48% pensa che non siamo in una bolla AI, contro il 42% che la teme.
Chart 15 – AI productivity timelineIl 50% degli investitori crede che l’AI stia già aumentando la produttività.
Chart 16 – AI deflationary impactIl 73% ritiene che l’AI sia deflazionistica, quindi capace di ridurre i costi.
Chart 17 – Allocation to goldLa media dell’allocazione in oro è solo al 2,4% del portafoglio, nonostante l’interesse crescente.
Chart 18 – Allocation to cryptoIl 67% non ha esposizione alle crypto; la media è appena lo 0,4%.
Chart 19 – Structural allocation to cryptoL’84% non ha ancora iniziato a inserire le crypto in portafoglio in modo strutturale.
Chart 20 – Rotation by sectorGli investitori aumentano healthcare e telecom, riducono energia, utilities e UK.
Chart 21 – Absolute positioningMostra le posizioni assolute: OW (overweight) su equity, EM e banche; UW (underweight) su energia, USD e UK.
Chart 22 – Positioning vs historyConfronto storico: oggi gli investitori sono più esposti su telecom, euro e bond, meno su dollaro ed energia.
Chart 23 – Evolution of biggest tail riskEvoluzione storica dei rischi percepiti: dall’Eurozona, a trade wars, a inflazione.
Chart 24 – Evolution of most crowded tradeStorico dei trade più affollati dal 2013: oggi domina ancora il “Long Magnificent 7”.
Chart 25 – Stronger economy expectationsMostra la quota netta di investitori che si aspettano un’economia più forte nei prossimi 12 mesi.
Chart 26 – Economy description (stagflation, boom, etc.)Il 77% vede stagflazione, solo il 9% boom.
Chart 27 – Cash flow prioritiesGli investitori chiedono alle aziende di spendere di più in capex e buyback piuttosto che rafforzare i bilanci.
Chart 28 – Next Fed Chair expectationsIl 30% pensa che il prossimo presidente della Fed sarà Christopher Waller.
Chart 29 – Risk taking vs benchmarkMostra che gli investitori stanno prendendo più rischio del solito, segnale di appetito crescente.
Chart 30 – Financial Stability Risks IndicatorIndice che monitora i rischi sistemici, leggermente in calo ma ancora rilevante.
Chart 31 – Risks componentsEvidenzia i singoli rischi percepiti: in calo l’EM risk, in crescita il rischio geopolitico.
Chart 32 – Inflation expectationsIl 24% si aspetta inflazione più alta nei prossimi 12 mesi, massimo da maggio 2025.
Chart 33 – Investment style performance expectationsPrevisioni su value vs growth, large cap vs small cap, e obbligazioni IG vs HY.
Chart 34 – Overweight equitiesL’allocazione azionaria è salita al massimo da febbraio 2025.
Chart 35 – Overweight bondsAllocazione a bond sempre bassa, net 3% underweight.
Chart 36 – Overweight cashPosizionamento in liquidità ai minimi da febbraio 2025.
Chart 37 – Overweight real estateAllocazione netta -22% sul real estate, molto sotto media storica.
Chart 38 – Overweight commoditiesAllocazione +8% sulle commodities, al massimo da 3 mesi.
Chart 39 – Gold valuation vs priceIl 24% ritiene che l’oro sia sopravvalutato, in crescita dall’11% del mese scorso.
Chart 40 – USD valuationIl 49% giudica il dollaro sopravvalutato, massimo da tre mesi.
Chart 41 – EUR valuationIl 22% pensa che l’euro sia sottovalutato rispetto al lungo termine.
Chart 42 – GBP valuationIl 12% ritiene la sterlina sopravvalutata, massimo dal 2015.
Chart 43 – US equities allocationGli investitori restano net 14% underweight sugli USA.
Chart 44 – Eurozone equities allocationPosizione netta +15% OW sull’Eurozona, ma in calo rispetto al mese precedente.
Chart 45 – EM equities allocationGli emergenti restano molto popolari: net +27% overweight.
Chart 46 – Japan equities allocationGli investitori restano underweight sul Giappone, -5%.
Chart 47 – UK equities allocationAllocazione netta -20% sul Regno Unito, minimi da marzo 2024.
Chart 48 – Global sector sentimentMostra i settori più popolari: telecom, banche e tech; i meno popolari: energia e staples.
Chart 49 – Global banksAllocazione netta +26% sulle banche, massimo da 7 mesi.
Chart 50 – Global technologyAllocazione netta +20% sulla tecnologia, massimo da luglio 2024.
Chart 51 – Global utilitiesAllocazione netta -5% sulle utilities, ribaltata rispetto al mese scorso.
Chart 52 – Global staplesAllocazione netta -12% sui consumer staples.
Chart 53 – Global industrialsAllocazione netta +6% sugli industriali.
Chart 54 – Global healthcareAllocazione netta +16% sull’healthcare, con la maggiore crescita dal 2021.
Chart 55 – Global materialsAllocazione netta -13% sui materiali.
Chart 56 – Global energyAllocazione netta -26% sull’energia, minimo da maggio 2025.
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Salvatore Bilotta



